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Italia, un paese di poeti e navigatori. O, almeno, così era: oggi, senza più prospettive future e voglia di scoprire, siamo solo un paese stanco.

Il nostro paese, per salvarsi, ha bisogno di freschezza e idee nuove, vitalità ed entusiasmo rappresentati da giovani e bambini.

Ma lo sappiamo: in Italia si fanno sempre meno figli, anche rispetto a un contesto europeo dove pure la natalità è in calo.

Uno studio recente dell’università Bocconi di Milano ha messo sotto la lente i tassi di natalità di 22 Paesi ad alto reddito e ha scoperto che oltre all’Italia, dove si è osservato il crollo maggiore, i cali più consistenti sono avvenuti in Ungheria, Spagna e Portogallo, mentre in nazioni che tradizionalmente possono vantare sistemi di welfare più avanzati la diminuzione delle nascite è stata molto più contenuta oppure non si è registrata affatto.

Oltre ciò, è interessante notare che, nel mondo, i paesi in via di sviluppo sono quelli con una natalità maggiore. Considerando che l’India ha una popolazione di quasi 1,4 miliardi di abitanti, è al primo posto. Di ogni 1.000 bambini nati, il paese dell’Asia meridionale ne contabilizza circa 172.

Anche la Nigeria corre veloce nella crescita demografica: il numero delle nascite vede il Paese africano mettere in conto la nascita di circa 57 neonati a minuto.

Le differenze di natalità mostrano velocità, culture, stimoli, capacità di investimento e crescita diverse. L’Europa pare un continente vecchissimo, capace solo di guardare alle proprie spalle, vivendo di ricordi e fasti antichi. Non sogna, non costruisce e non cresce: l’Europa ha già perso. Se non si sceglie di cambiare, di guardare alla crisi del gas con occhi nuovi e nuove capacità di investimento, non ci sarà nessun futuro a cui pensare.

E l’Italia? Il nostro è un paese così vecchio che è indispensabile lasciare spazio alle nuove generazioni, all’innovazione, al domani. Il fenomeno delle culle vuote provoca forti squilibri demografici, con ripercussioni devastanti sia a livello economico che sociale, perché una parte sempre maggiore della popolazione tende a non produrre e ad assorbire maggiori risorse.

Se cala la popolazione che lavora, si riduce il PIL. Meno persone lavorano, meno tasse vengono pagate all’erario, ciò si traduce in meno risorse per rifinanziare il sistema di welfare e per adottare investimenti qualitativi per le nuove generazioni. Un paese che invecchia è un paese senza risorse e senza forze, un paese che non ha la possibilità di aiutare adeguatamente le fasce più deboli della popolazione, che non ha le risorse finanziare per investire nel futuro dei giovani, in poche parole è un paese senza futuro. 

Diamo ai giovani il domani: è l’unico modo per tornare a respirare.