Ciò che sta succedendo non sembra un po’ assurdo?
Le Banche sono arrivate alla scomodissima posizione di dover chiedere ai clienti di prelevare i propri soldi dal conto e lasciare la Banca.
È una notizia che sembra impossibile e alla quale abbiamo difficoltà a credere, invece è proprio così: sono quasi 1800 i miliardi che oggi gli italiani hanno depositato nei conti correnti e non accennano a diminuire, cifra composta da tantissimi risparmi privati ma anche da depositi delle Imprese.
È una massa di denaro che rappresenta la fotografia di un’Italia che non investe sul futuro, senza pertanto la voglia di fare progetti perché si crede che il domani sia peggiore di oggi.
A questo si aggiunge la beffa dei conti correnti che spesso, oltre a non produrre interessi, producono spese, valutate in circa 13,5 miliardi annuali. È come se i risparmiatori avessero creato involontariamente una nuova imposta patrimoniale sul risparmio.
Il problema è importante soprattutto in un paese come il nostro in cui, con il debito pubblico galoppante, l’unica tutela per il futuro è proprio rappresentata dalla crescita del risparmio privato.
E il ruolo delle Istituzioni?
In altri paesi sono le Istituzioni stesse, comprese le Banche, a creare il giusto clima per la crescita e la formazione dei cittadini.
In Italia si pensa di aver risolto tutto con il mese dell’Educazione finanziaria, poi si continua a razzolare in altra maniera: gli strumenti a commissione continuano a farla da padroni, le banche continuano a creare prodotti ad alto valore aggiunto per loro, la Consulenza è ancora sulla carta ed il divario tra finanza e risparmio continua ad allargarsi.
La cosa evidente e preoccupante è che le Banche erano un punto di riferimento: curavano il risparmio e insieme allo alimentavano le imprese produttive sul territorio. Questo collegamento si è spezzato, si sta creando una distanza tra Banche, risparmio ed imprese: è venuto meno un fattore fondamentale che teneva in piedi questo meccanismo, è venuta a mancare la FIDUCIA.
La storia dei rapporti tra mondo finanziario e risparmio è stata segnata dai fallimenti bancari del 2015: dopo quegli episodi la linea di crescita del patrimonio degli italiani si è discostata rispetto a quella degli altri paesi europei e i depositi nei conti correnti hanno cominciato a salire, gli italiani hanno cominciato a disinvestire obbligazioni ed azioni e, come accade in questi casi, a fare di tutta l’erba un fascio senza distinguere il buono dal cattivo.
Oggi occorre pensare a come uscire da questa situazione che penalizza i risparmiatori, le banche e le imprese.
L’esplosione della Pandemia è stato il colpo di grazia, ha aumentato la paura nella gente e l’ha allontanata ulteriormente dalle istituzioni con conseguente stravolgimento del sistema e quindi le grandi masse di liquidità nei conti correnti.
È un trend da cambiare in fretta a cui il Governo dovrebbe interessarsi: lavorare in maniera importante sulla crescita del risparmio potrebbe portare a risultati inimmaginabili in termini di crescita di imprese, banche, paese e cittadini tutti.
Il Recovery Fund sarebbe praticamente di gran lunga superato.
Oggi abbiamo un grande strumento nelle nostre mani che è quello della Consulenza, per quanto spesso sia ancora sulla carta ed il divario tra finanza e risparmio continui ad allargarsi. Serve comprensione e fiducia, ascolto del consulente e fedeltà nei confronti degli orizzonti temporali scelti.
È importante che il cittadino comprenda l’importanza di pagare il servizio di cui beneficia e non lo strumento di investimento: i risultati poi nel tempo faranno il resto e, per quanto il processo sia lungo, ripristinare la fiducia sarà la naturale conseguenza.
“Investire è semplice, ma non è facile.”
W. Buffett
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