Negli ultimi mesi i prezzi di beni e servizi hanno ricominciato a salire e lo hanno fatto ad un ritmo sostenuto, ben oltre ogni previsione: ad aprile gli analisti avevano previsto un incremento dello 0,2 mentre la crescita è arrivata addirittura allo 0,8. Un errore clamoroso! 

È quindi salito il tasso di inflazione, inteso come il tasso di crescita dei prezzi misurati in un determinato periodo rispetto a quelli dello stesso mese di un anno prima.

Sai qual è l’etimologia di inflazione? Deriva dal latino inflatio, ovvero gonfiatura.
In poche parole? Quando si determina il fenomeno dell’inflazione, il potere di acquisto dei nostri soldi vale meno.

Perché è importante sapere dell’inflazione se si fanno investimenti? 

Se hai visto che il tuo portafoglio sta subendo una flessione, è perché si sta verificando questo nuovo fenomeno. Visto che la situazione economica è in fase di cambiamento, si rende opportuno valutare un ribilanciamento del portafoglio!

I MOVIMENTI DELL’INFLAZIONE

La pandemia aveva ovviamente portato a un calo dell’inflazione, ma negli ultimi mesi ha ricominciato a salire, partendo dagli Stati Uniti per poi arrivare all’Eurozona. 

In Europa l’incremento dei prezzi in aprile è stato pari all’1,6 rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, legato a un forte aumento del costo dell’energia per una nuova crescita del prezzo del petrolio. 

Negli Stati Uniti la dinamica è stata ancora più marcata: siamo passati da un maggio 2020 con un’inflazione praticamente nulla fino al 2,6 del marzo 2021, livello leggermente superiore rispetto a quello ritenuto ottimale da parte della Fed che tra i suoi obbiettivi ha anche quello di mantenere la stabilità dei prezzi, pertanto un’inflazione che si avvicina intorno al 2%. 

Le ingenti quantità di denaro immesse nell’economia da banche centrali e governi per contrastare la crisi potevano far prevedere l’inflazione, ma non già così alta. 

CI DOBBIAMO PREOCCUPARE?

L’aumento al momento non è ritenuto “allarmante”, siamo dinnanzi a tassi molto bassi. Non dimentichiamoci che in Italia, negli anni che vanno dal 1973 al 1984, l’inflazione media era costante a due cifre e ha superato il 21% nel 1980.

Eppure, pur non essendo allarmante, il fenomeno non è da trascurare perché nel breve termine l’inflazione ha possibilità di salire ulteriormente. Il segnale più importante è l’aumento del costo delle materie prime registrato già da qualche tempo. Da marzo 2020 l’indice che misura i prezzi di 23 materie prime tra cui petrolio, oro ed alluminio, è salito del 70%, facendo i suoi massimi dal 2011, ovviamente rispetto a un’annata in cui era sceso ai minimi a seguito dello scoppio della pandemia. Ovviamente spicca in maniera determinante l’incremento del prezzo del petrolio salito di oltre il 30% da inizio anno. 

PETROLIO ALLE STELLE: CHE SUCCEDE?

Il prezzo del petrolio è determinante perché influisce sul costo dell’energia e quindi della produzione industriale, sia sul costo dei carburanti e quindi del trasporto delle merci: sono tutti costi che incidono sul prezzo finale dei beni oltre che sul costo della benzina. 

L’incremento del prezzo del greggio è condizionato dalla ripartenza di grandi economie che ne consumano molto come gli Stati Uniti, ma soprattutto la Cina dove il PIL è cresciuto del 18,3% nel primo trimestre del 2021 rispetto al primo trimestre del 2020. Affianchiamo la recente decisione dell’ OPEC di mantenere invariata la produzione di greggio dopo un lungo periodo di tagli, nonostante l’aumento della domanda. 

E GLI ALTRI SETTORI?

La produzione industriale in ripresa ha comunque fatto lievitare il costo di tutte le materie prime, mentre il prezzo del legname è stato condizionato dalla ripresa del mercato immobiliare statunitense che ne fa un largo uso. 

I problemi logistici che la pandemia ha creato alle filiere produttive, affiancati da situazioni climatiche avverse, hanno invece inciso sui prodotti destinati alla produzione di alimenti, come mais, grano, zucchero, con un’inflazione fino al 30,8% in aprile, livelli non visti dal 2014. 

Altri fattori poi incidono sull’inflazione come i rallentamenti nella logistica e nel mantenimento delle linee di produzione di impianti di semilavorati e prodotti finiti come automobili od elettrodomestici. 

Il settore automobilistico è stato colpito dalla carenza di microchip, pertanto i tempi per la consegna di auto nuove sono diventati lunghissimi. 

QUANDO FINIRÀ LA CRESCITA DELL’INFLAZIONE?

Questo è l’unico punto su cui economisti e studiosi non sono d’accordo.

  • Ci sono economisti propensi a pensare che l’inflazione potrebbe continuare a livelli sostenuti per lungo tempo, nel medio termine si aspettano che la grande spesa pubblica e la creazione di moneta per far fronte alla pandemia potrebbero mantenere alta l’inflazione. La spesa pubblica generata dai governi ha creato livelli di debito altissimi ed è più facile ripagarli se l’inflazione è alta: salendo prezzi e stipendi aumentano le tasse incassate, mentre rimane fermo il valore nominale del debito.
    Ugo Tognazzi, non a caso, diceva che “inflazione significa essere povero con tanti soldi in tasca”.
  • Altri studiosi sostengono che la crescita dell’inflazione nel lungo termine possa essere legata a motivi geopolitici e demografici: non sottovalutiamo il ritorno del “protezionismo” (la cosiddetta guerra commerciale tra Cina e Stati Uniti) che porrebbe fine al ruolo che la globalizzazione ha avuto nel tenere bassa l’inflazione grazie ai bassi costi di produzione della Cina. L’invecchiamento della popolazione cinese sta poi incidendo molto, riducendo il bacino di forza lavoro con aumento dei salari e quindi aumento delle merci prodotte lì. 

LE BANCHE CENTRALI COSA DICONO?

La BCE stima che la crescita del tasso di inflazione nell’Eurozona sia solo temporanea e che questa scenderà all’1,2 nel 2022, rimanendo intorno alla soglia ottimale del 2%. L’inflazione di questo momento è vista come una reazione all’impatto negativo che la pandemia ha avuto lo scorso anno sulla crescita dei prezzi.
Per avere prezzi in crescita in maniera sostenuta nel tempo, la BCE crede che debbano aumentare anche gli stipendi oltre che i costi per le aziende. È necessario un mercato del lavoro forte, condizione al momento in Europa molto lontana.
Stessa opinione per quanto riguarda la FED che ha fatto intendere che per un periodo è disponibile a far fluttuare l’inflazione sopra il 2% purché nel medio termine si mantenga intorno a questa percentuale.
Per farla scendere la FED dovrebbe aumentare i tassi di interesse, ma attualmente la Banca americana ha assolutamente “minimizzato” l’importanza del fenomeno anche se i mercati hanno avuto una reazione brusca al ribasso.
Per la Banca Americana quindi “l’aumento dei prezzi è considerato un fenomeno transitorio” che dovrebbe ridursi nel giro di qualche tempo.
Nel frattempo siamo ancora in un periodo attendista ed ancora per qualche tempo dobbiamo aspettarci volatilità nei mercati.
In gioco potrebbe esserci ovviamente un cambio di rotta nella politica della Fed sui tassi, il tanto temuto tapering che si ha quando le banche centrali cominciano a ritirare liquidito dai mercati e via.



È evidente che l’anno in corso non può essere che un periodo di assestamento rispetto alla pandemia: ci vorrà ancora un po’ di tempo affinché si delinei una netta schiarita.
Come diceva quello, la vita non è aspettare che passi la tempesta, ma imparare a ballare sotto la pioggia. 

Se vuoi valutare l’importanza e le opportunità derivanti da un ribilanciamento del portafoglio, contattami!

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